I dipinti di Gabriele Casale irradiano sempre una grande dose di eleganza , intesa come capacità di affascinare lo sguardo, senza il bisogno di provocare uno shock, ma con la padronanza di chi usa gli strumenti artistici per indagare l’arte stessa e conferirle sacralità.
Il tema dell’albero, molto spesso utilizzato nell’arte come terreno di studio e come proiezione dell’autore stesso, diviene il luogo in cui sperimentare le variabili dell’arte: il colore, la forma e la linea, che segnano la tela a sfondo chiaro, diventando poco a poco il fulcro stesso dell’immagine.
Dopo la serie degli “Eucalyptus” in cui la figura dell’albero è ancora preponderante, pur se alleggerita nei materiali e nella struttura aperta della composizione, arrivano i “Pines” dove il percorso che porterà Casale all’astrazione più pura e formale si dichiara.
Su grandi sfondi bianchi si muovono in maniera vigorosa le linee che sembrano scorrere come linfa vitale a scolpire con forza il volume dei tronchi e dei rami degli alberi che non vengono mai ritratti nella loro interezza.
La ricerca dell’astrazione si è innescata. Dalla serie dei “Pines” in poi ogni nuova opera rappresenterà una nuova sfida una nuova considerazione del fare artistico attraverso i suoi stessi mezzi.
Le tele si moltiplicano e diventano tanti tasselli colorati che come lettere formano le frasi del discorso dell’artista sull’arte. Il colore invade il supporto con linee curve che lo attraversano, lo muovono, stimolando il nostro occhio a seguire un percorso che non si contiene nelle dimensioni stabilite del quadro ma che spesso continua in altre opere.
La linea si libera dalla sua funzione contenitiva e diviene espressione formale, da strumento di indagine artistica passa ad essere oggetto di studio e creazione. L’opera trova la sua conclusione nella capacità di osservazione dei fruitori che combinando colori, piani e superfici creano forme nuove e sempre mutevoli nel proprio campo visivo. Marianna Cozzuto